In Etiopia con CSC, il fascino della terra d’origine del caffè
Il legame stretto tra produttore e torrefattore caratterizza CSC – Caffè Speciali Certificati, che ha da poco realizzato un viaggio nella terra d’origine del caffè, l’Etiopia. È un Paese che affascina per il suo stretto legame con la Coffea Arabica, la bellezza dei paesaggi, la natura incontaminata e i sapori veri di alimenti e bevande. Hanno realizzato il tour Graziano Carrara titolare di Carrara Coffee Agencies, Serena Nobili, titolare di Dinicaffè e Nicola Mizzi che in Musetti si occupa dell’acquisto del caffè e del controllo qualità.
Il viaggio ha preso il via dalla capitale Addis Abeba, nel cuore del Paese, per proseguire verso sud, nella regione del Sidamo, da cui proviene il Sidamo Grado 2 Corona CMI certificato CSC. Il referente locale è Abdullah Beagersh, figura di rilievo nel settore del caffè, con cui l’Associazione ha un rapporto più che ventennale. È il rappresentante della terza generazione di una famiglia yemenita che da molti anni si occupa di caffè. “Ci ha accolti con cordialità, presentandoci la moglie e il figlio – racconta Nicola Mizzi -, quindi abbiamo fatto alcune sessioni di assaggio. Il nostro viaggio si è svolto mentre era in corso la prima fase del raccolto, leggermente in ritardo a causa di una stagione un po’ secca; globalmente si prospetta una buona annata, sia per la quantità sia per la qualità del caffè etiope”.
Il Sidamo Grado 2 Corona CMI cresce nella zona di Yrgalem nella regione del Sidamo a un’altitudine che varia tra 1700 e 2000 metri; è di varietà Typica, presenta un chicco leggermente allungato e viene coltivato in piccoli appezzamenti detti “coffee garden”. In tazza esprime un grande aroma di fiori di bergamotto e miele con un’acidità gradevole e un retrogusto agrumato accompagnato da aromi complessi e marcati. Un caffè piacevole da bere in purezza; le particolarità della sua sfera aromatica lo rendono indicato per un utilizzo anche lontano dai pasti, pomeridiano e serale.
Il quarto giorno è stata visitata la stazione di lavaggio situata nelle vicinanze della cittadina di Yirgacheffe, a sud di Yrgalem. Qui i piccoli produttori consegnano il proprio raccolto, per lo più di piccola entità: quanto può dare un giardino. I chicchi vengono subito spolpati con apposite spolpatrici che, osserva Graziano Carrara, “sono l’unico strumento meccanico utilizzato durante tutta la lavorazione. La raccolta è realizzata manualmente e una volta spolpato, il caffè viene selezionato in base alla densità dei chicchi, quindi posto in vasche di fermentazione, in cui rimane per 24-48 ore. Quindi è nuovamente selezionato e ripulito nei canali di lavaggio con acqua pulita, dopo di che si raccoglie in vasche dalle quali le donne lo prelevano e lo portano con grandi ceste ai patii sospesi sui quali lo distribuiscono per l’essiccatura al sole. L’elevata escursione termica ricorda che non si è a livello del mare, ma su altipiani, dove al calare del sole si forma una notevole umidità. Per questo i chicchi vengono ricoperti con tele cerate che verranno rimosse la mattina successiva per proseguire con l’asciugatura che termina quanto i chicchi hanno un contenuto del 12% di umidità”. Colpisce l’altissimo numero di donne all’opera in ogni fase della lavorazione, anche le più pesanti, come il trasporto dei chicchi selezionati in pesanti ceste o in sacchi. In passato il caffè etiope doveva essere venduto attraverso l’ECX – Ethiopian Commodities Exchange, la “borsa dei caffè” di Addis Abeba, dove veniva classificato per regione di provenienza e qualità. Una riforma legislativa ha permesso dal 2017 l’esportazione diretta dei caffè dopo un controllo presso lo stesso Ente.
Il viaggio è proseguito osservando altre realtà produttive. “Viaggiare è stato molto lungo e faticoso: le strade sono sterrate e spesso ci si deve fermare per fare passare degli animali, come mucche, capre, asini o cammelli – racconta Serena Nobili -. Questo “passo lento” ha permesso di cogliere più particolari di una terra bellissima per la ricchezza della sua natura. Abbiamo incontrato degli appezzamenti di bosco concessi dallo Stato alle comunità in usufrutto: qui le piante di caffè non vengono curate, concimate, potate, non si usano diserbanti e la resa è senz’altro bassa, ma la qualità in tazza è altissima. Per lo più gli etiopi vivono alla giornata, senza preoccuparsi di accumulare per il giorno dopo o guadagnare. Non voglio giudicare questo, anche se la mia mentalità occidentale mi porterebbe a farlo. Penso che questa terra abbia degli immensi potenziali e spero che a beneficiarne un domani possa essere chi vive in essa e indubbiamente necessita di uscire da una situazione di povertà”. Il caffè può dare un grande aiuto in questo senso, soprattutto se viene pagato il giusto, come CSC fa da sempre.
La cerimonia del caffè
In Etiopia tutti bevono caffè, almeno tre volte al giorno: la mattina, dopo pranzo e dopo cena.
È tradizione che la donna faccia la cerimonia del caffè: si tratta di un rituale lungo e curato che può durare anche 40 minuti. Su un braciere con carboni ardenti si pone un piatto in metallo con del caffè verde che si tosta, mescolandolo continuamente, fino a farlo diventare molto scuro. I chicchi tostati, vengono poi messi in un mortaio e frantumati con un lungo pestello; se ne ottiene un macinato con una grana molto grossa, che si versa nella Jebena, un vaso in ceramica a forma di ampolla con un manico, aggiungendo l’acqua. Quando il caffè bolle, si toglie dalla fonte di calore e si si versa in piccole tazzine senza manico, smettendo solo quando ogni tazza è piena. Si beve il caffè tutti insieme, accompagnandolo con semi tostati o pop corn al naturale, che, nell’attesa, sono a disposizione e si mangiano anche durante la cerimonia.