Cioccolato ancora amaro

Più caro del rame. A tanto è arrivato il costo del cacao negli scorsi mesi. Una situazione che desta preoccupazione tra pasticcieri e cioccolatieri alle prese con la lavorazione di parecchie specialità a base di cioccolato in vista della stagione autunnale e delle feste natalizie. Acquistare praline e panettoni diventerà più dispendioso per i clienti come è già successo per le tavolette e per le uova di Pasqua al supermercato.
DALLA PRALINE AI SEMILAVORATI
Nel nostro Paese, secondo Unione Italiana Food, il settore del cioccolato ha realizzato nel 2023 un fatturato di 7.346,3 milioni di euro (+6 per cento) con un peso in quantità di oltre 656mila tonnellate. Il comparto comprende i prodotti finiti e i semilavorati per industria e artigiani. I primi hanno raggiunto un fatturato pari a 6.470,4 milioni di euro a fronte di un livello produttivo di 383mila tonnellate; i secondi hanno ottenuto un fatturato di 875,8 milioni di euro con una quota produttiva di 273mila tonnellate.

Il boom della quotazione del cacao di oltre 10mila dollari (+358 per cento) per tonnellata, registrata ad aprile sul mercato di New York, non è un exploit casuale, ma la conseguenza di una serie di cause che vanno dal cambiamento climatico alle malattie delle piante, dai prezzi dei fertilizzanti alla speculazione finanziaria. A dare un primo pesante colpo all’aumento del prezzo è stato il calo della produzione di cabosse nei principali Paesi dell’Africa, Costa d’Avorio e Ghana, seguiti da Camerun e Nigeria.

GEOGRAFIA DI COLTIVAZIONE
Costa d’Avorio e Ghana rappresentano il 70 per cento dell’offerta mondiale di cacao. Oltre ai già citati Paesi africani, alberi di Theobroma cacao sono coltivati in America Latina, in particolare Repubblica Domenicana, e in Sud America, dove primeggiano per la produzione l’Ecuador (terzo Paese al mondo), il Brasile e il Venezuela per la quantità di criollo, la varietà più pregiata. Altre coltivazioni sono presenti nel Sud Est Asiatico, ossia Indonesia
e Papua Nuova Guinea.
L’alternanza di periodi di siccità e forti piogge, dovuta al fenomeno climatico de El Niño, ha determinato perdite del raccolto che si effettua a marzo (n.d.r. il secondo raccolto avviene a ottobre). Inoltre, a causa dell’eccessiva umidità le piantagioni sono state colpite da alcune fitopatie, come la malattia del baccello nero. Gli agricoltori non sono riusciti a contrastarle per la scarsità di mezzi finanziari e per la difficoltà a reperire antiparassitari, il cui costo è aumentato. Motivi che sono alla base anche della loro impossibilità a far crescere nuove piante al posto di quelle ormai vecchie e poco produttive.
ULTERIORE “PESO”
Si prevede che sulle piantagioni influirà il nuovo regolamento dell’Unione Europea sulla deforestazione che sarà applicato dal 30 dicembre 2024. Pensato per ridurre le emissioni di gas serra e la perdita di biodiversità, nonché per proteggere le popolazioni indigene, vieta l’importazione e la distribuzione nel mercato europeo di prodotti come cacao, caffè, olio di palma, provenienti da terreni deforesti o degradati dopo il 2020. Il divieto comporta
una serie di obblighi per le aziende per dimostrare la tracciabilità dei prodotti e la conformità con i requisiti richiesti. Per i coltivatori locali significa un costo in più che non può essere lasciato solo sulle loro spalle.

Ai problemi produttivi e ambientali si affianca la politica del prezzo delle fave di cacao che è stabilito e bloccato all’inizio del raccolto. I coltivatori vendono quindi i loro prodotti a un certo prezzo indipendentemente dall’andamento della produzione. A trarre maggiore vantaggio sono gli intermediari locali che raccolgono grandi quantità di fave e trattano la vendita all’estero. La domanda globale di cacao, infatti, continua a essere forte per le richieste dei consumatori che ve – dono nel cioccolato un prodotto appagante e nutriente.
Non sono mancate, infine, speculazioni finanziarie che hanno contribuito al rialzo del prezzo. Dopo il picco di aprile il valore ha registrato un andamento altalenante. Le aziende produttrici di cioccolato hanno reagito in diversi modi, continuando a sviluppare progetti di agricoltura sostenibile e di aiuto alle comunità locali, puntando sulle coltivazioni in altri Paesi come Ecuador e Venezuela, e investendo nella ricerca per selezionare piante più resistenti. Anche la rinuncia a una parte dei profitti è una strada che alcune aziende hanno iniziato a percorrere
per assicurare un futuro al cioccolato.
A cura di Federica Serva